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GREEN DEAL, UNA SFIDA DA COGLIERE PER IL SETTORE ORTOFRUTTICOLO ITALIANO

GREEN DEAL, UNA SFIDA DA COGLIERE PER IL SETTORE ORTOFRUTTICOLO ITALIANO

“L’ortofrutta deve rimanere un settore strategico anche durante la transizione verde. Non possiamo perdere terreno nei confronti dei nostri competitor e dobbiamo continuare a produrre ortofrutta di qualità e in quantità soddisfacenti per le aziende agricole, per poter fare reddito. Dobbiamo essere noi i protagonisti di questa transizione, non subirla”. Così Cristiano Fini, presidente di Cia Emilia Romagna nel corso del convegno “L’ortofrutta italiana sulla strada del Green deal: Pac, innovazione e chimica verde” tenutosi nell’ambito di Macfrut digital.

Quella del Green deal è una sfida da cogliere per il settore ortofrutticolo italiano. Le aziende appaiono preoccupate ma in Italia è un passaggio possibile, che porta grandi opportunità a patto che ci siano gli strumenti per continuare a produrre. Dovrà essere riconosciuto un prezzo adeguato alle produzioni e tutti gli anelli della filiera dovranno essere uniti verso questo passaggio. Anche il consumatore avrà un ruolo importante riconoscendone il valore.

Strategie come Farm to fork, Biodiversity e quella sull’economia circolare sono tra le più impattanti sulla produzione agricola e agroalimentare, ha evidenziato Ersilia Di Tullio di Nomisma. Gli strumenti su cui l’Unione europea punta per raggiungere gli obiettivi prefissati sono la digitalizzazione dell’agricoltura e l’utilizzo dell’agricoltura di precisione, in un’ottica di sicurezza alimentare e di auto approvvigionamento.

Nomisma ha intervistato le aziende agricole che fanno parte del proprio panel. Si tratta di imprese di grandi dimensioni, tuttavia la ricerca permette di capire come le imprese agricole, ortofrutticole specialmente, si stiano muovendo per raggiungere gli obiettivi.

Dal campione intervistato emerge che il 28% delle imprese ortofrutticole italiane del panel coltiva biologico e il 36% si dedica alla produzione integrata. Sono aziende tecnologiche che utilizzano software di gestione (il 14%), centraline meteo (8%), macchine con guida assistita, semi-automatica e Gps integrato (7%), applicazione a dosaggio variabile e sensori della pianta e del suolo (4%). Inoltre, il 71% delle aziende dell’ortofrutta ricorre a impianti per il risparmio idrico e il 33% produce energie rinnovabili, in prevalenza fotovoltaico, in minor parte caldaie e biomasse.

Sofia Mannelli, presidente di Chimica Verde Bionet, ha poi illustrato il documento frutto del lavoro svolto con Rete rurale nazionale, e il coordinamento del Crea-Pb per studiare quali opportunità offre la chimica verde al settore dell’ortofrutta, per una maggiore sostenibilità.

Dino Scanavino, presidente di Cia, Agricoltori italiani, sottolinea l’importanza dell’agricoltura integrata, a cui molti agricoltori si dedicano, ma non abbastanza valorizzata: “Abbiamo un sistema nazionale che certifica l’agricoltura integrata” afferma “una pratica, diciamo, intermedia tra agricoltura convenzionale e biologica, ad alto contenuto tecnologico e scientifico, che dà grandi risultati di resilienza produttiva e riduzione degli interventi chimici.

Per rispondere alla sfida della transizione verde, secondo Scanavino, all’ortofrutta italiana servono pertanto risorse economiche e finanziarie, oltre a “mettere in campo e allargare le sperimentazioni della ricerca scientifica, un miglioramento della meccanizzazione agraria con un rinnovamento delle macchine agricole obsolete e che la ricerca vada avanti velocemente consentendo di sostituire con operazioni meccaniche quelle che oggi sono affidate alla chimica, oltre all’utilizzo della robotica nelle serre”. Le vie da intraprendere, secondo sono: “la digitalizzazione, le reti telematiche efficienti” oltre alle “infrastrutture viarie, ferroviarie e portuali che consentono alla logistica di affrontare con velocità i mercati di tutto il mondo” e soprattutto serve migliorare il sistema aggregativo. Infine, conclude il Presidente, l’obiettivo è dare all’agricoltore il giusto valore, intervenendo nel caso ci sia un’inefficienza del sistema che causi sprechi o una cattiva conservazione: non si può perdere valore nelle piattaforme logistiche o nei punti vendita, a discapito dei produttori“.

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