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IMPATTO DEL CORONAVIRUS SULL'AGROALIMENTARE: PUBBLICATO IL RAPPORTO ISMEA

IMPATTO DEL CORONAVIRUS SULL’AGROALIMENTARE: PUBBLICATO IL RAPPORTO ISMEA

A seguito delle disposizioni governative volte a combattere l’emergenza Coronavirus, Ismea ha avviato un monitoraggio delle filiere agroalimentari, analizzando l’evoluzione delle principali variabili dei mercati nelle diverse fasi di scambio (origine, ingrosso e dettaglio) e facendo il punto sulla situazione di domanda e offerta dei prodotti alimentari nelle prime settimane di diffusione del virus. 

Al seguente link è possibile consultare l’intero Rapportohttp://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10990.

Il fenomeno più rilevante è, come già anticipato, l’azzeramento del canale Horeca. A tale riguardo, la sostituzione della somministrazione diretta con le consegne a domicilio ha solo in minima parte compensato l’annullamento di questo canale cui, inoltre, è direttamente legata la rilevante domanda di cibo dei turisti stranieri, anch’essa azzerata.

Sul fronte dei consumi finali, le quattro settimane che vanno dal 17 febbraio al 15 marzo, si sono rivelate estremamente dinamiche, non solo per lo scontato incremento degli acquisti ma anche per la mutevolezza dei comportamenti anche in un così breve periodo. L’esame puntuale rende comunque possibile individuare alcuni grandi trend che sono riassumibili come segue:

Tendenza all’approvvigionamento di prodotti conservabili (pasta, riso, conserve di pesce, conserve di pomodoro, ecc.) per creare stock casalinghi e prepararsi a eventuali situazioni di futura scarsità.

Forte orientamento a utilizzare la spesa online la cui crescita esponenziale ha mandato in tilt il sistema delle consegne (+57% nella penultima settimana di febbraio, + 81% nell’ultima di febbraio +97% nella seconda settimana di marzo).

– Forte orientamento, nella fase iniziale della crisi, ai prodotti di quarta e quinta gamma (ortaggi e pizze pronte) con successivo affievolimento della tendenza;

Incremento sotto media del segmento bevande (+9%), un comparto che negli ultimi anni aveva trainato la dinamica del Food&Beverage.

Orientamento quasi esclusivo verso la GDO, con ricorso dove possibile anche ai negozi di vicinato (frutterie e macellerie) sia per muoversi il meno possibile sia perché ritenuti più sicuri di ambienti comunque molto frequentati come i supermercati.

– Nel complesso delle 4 settimane, è il Sud Italia a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale: +21% nel cumulato delle 4 settimane con punte del 39% nell’ultima settimana; seguono il Nord Est con una crescita del 20%, il Centro (+19 % con il +30% nell’ultima settimana) e il Nord Ovest (+16%).

Incremento del valore medio di vendita, non ascrivibili a fenomeni diffusi di palese speculazione, quanto piuttosto all’azzeramento delle promozioni.

– A livello di format distributivi, l’aumento delle vendite maggiore si registra nei Supermercati (+23% nelle 4 settimane su base annua) dove sono avvenuti quasi la metà degli acquisti (43%) e nei Discount (+20%).

DOMANDA FINALE AL DETTAGLIO DI PRODOTTI AGROALIMENTARI

Nelle 4 settimane analizzate (17 febbraio – 15 marzo) la spesa degli italiani per i prodotti confezionati ha superato del 17% quella delle precedenti quattro settimane, e del 19% quella delle analoghe settimane del 2019; ciò significa che nella distribuzione moderna in questi giorni di emergenza (in cui il canale Horeca è stato azzerato) si sono spesi circa 750 milioni di euro in più rispetto alla norma (stesso periodo 2019).

A livello di format distributivi, l’aumento delle vendite maggiore si registra nei Supermercati e nei Discount, dove si sono recati circa un quinto degli acquirenti. Si ravvisano chiaramente i segnali di cambiamento in atto sia nella scelta dei punti vendita da cui rifornirsi sia dei prodotti acquistati: l’ascesa dell’e-commerce e dei negozi di vicinato nell’ultima settimana ancor più che nelle precedenti, rispecchiano l’esigenza di evitare lunghi tragitti  (+97% e +17% rispettivamente).

La composizione del carrello ha visto in queste settimane, tra i prodotti più acquistati, quelli “effetto stock”: in ordine di grandezza rispetto al fatturato generato: latte UHT (+55% solo nell’ultima settimana), pasta (+44% con punte del +66% nell’ultima settimana), farina (+79% punte del +162% nell’ultima settimana), uova (+26% nel complesso con punte di +59% per valori in crescita di oltre 9 milioni di euro nell’ultima settimana), ortaggi surgelati, riso, conserve rosse (+45% con punte del +75% nell’ultima settimana pari ad oltre +12 milioni di euro su analoga settimana 2019) e carni in scatola (+66%).

LA SITUAZIONE DELLE FILIERE AGROALIMENTARI

FILIERA ORTOFRUTTICOLA. Da febbraio, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha impattato soprattutto sugli stili di consumo verso prodotti più facilmente stoccabili, come patate, legumi secchi, cavoli, mele, kiwi e ortaggi surgelati che hanno beneficiato di un incremento delle vendite; mentre altri prodotti, connotati da una maggiore deperibilità (come, ad esempio, insalate e fragole) hanno riscontrato un calo degli acquisti. Si segnala anche il riorientamento della domanda finale verso l’acquisto degli ortaggi di I gamma a scapito di quelli di IV gamma in virtù di una minore deperibilità e di una maggiore disponibilità di tempo da dedicare alla preparazione dei pasti. Al momento, la filiera ortofrutticola risulta regolarmente attiva anche se in queste settimane di emergenza si è registrata qualche criticità che, tuttavia, non ha determinato significative ripercussioni alla catena produttiva e distributiva. In particolare, si fa riferimento alla carenza di lavoratori stranieri che hanno deciso di tornare nei paesi di origine rallentando le operazioni di raccolta e lavorazione degli ortaggi e ai problemi per il trasporto su gomma a causa dell’indisponibilità di alcuni vettori spagnoli a rifornire i mercati del Nord Italia, oltre al momentaneo blocco del traffico imposto dall’Austria (avvenuto giovedì 19 marzo) che ha avuto ripercussioni sul traffico dell’autostrada del Brennero e ha rallentato il flusso distributivo degli ortofrutticoli italiani verso i mercati Nord Europei.

FILIERA LATTIERO-CASEARIA. A causa del coronavirus, soprattutto nelle aree di maggior produzione che risultano essere anche quelle più colpite dall’emergenza sanitaria (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna), i prezzi dei formaggi grana hanno evidenziato una brusca frenata: a partire dalla settimana n. 8 dell’anno (17-23 febbraio), per il Parmigiano Reggiano il calo è stato di 40-50 cent/kg e il Grana Padano ha perso circa 15 cent/kg. Inevitabili le ripercussioni sui prezzi alla stalla. 

Sebbene non in grado di bilanciare l’azzeramento del canale Horeca, la corsa all’accaparramento di prodotti alimentari da parte delle famiglie italiane ha segnatamente incrementato le vendite di lattiero caseari presso la Grande Distribuzione. In particolare, si registra una forte crescita delle vendite di latte UHT, con un +28% dei volumi nel periodo 17 febbraio-15 marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che viene decisamente preferito al latte fresco proprio per le caratteristiche di maggiore conservabilità. Aumenti considerevoli anche per la di mozzarella vaccina (+21% per il prodotto confezionato a codice EAN) e i formaggi duri confezionati (+23%), sia grattugiati che spicchi. 

Per quanto riguarda la domanda estera, nei primi tre mesi del 2020, a fronte dei timori diffusi ai primi segnali della pandemia, i buyer della GDO estera hanno accelerato gli acquisti di formaggi assicurandosi una buona disponibilità di prodotti stagionati, anche in considerazione del fatto che all’estero l’Horeca ha continuato a lavorare fino all’inizio di marzo. Tuttavia, proprio a seguito delle scorte accumulate e della successiva chiusura dei canali Horeca a livello mondiale, nei prossimi mesi potrebbe verificarsi un calo delle esportazioni di made in italy caseario.

FILIERA VINO. A pesare è soprattutto il forte ridimensionamento della domanda da parte dell’Horeca, il principale canale per il consumo in questi Paesi. Facendo una stima molto approssimativa, e tenendo conto di due mesi di difficoltà a livello mondiale, potrebbero essere a rischio esportazioni per quasi un miliardo di euro. Chiaramente, tutto dipenderà da quando e con quale ritmo riprenderanno i consumi, soprattutto fuori dalle mura domestiche. Se nelle prime settimane della crisi sono risultati abbastanza regolari gli ordini e le consegne verso i principali paesi esteri, il fermo totale dell’Horeca ha reso estremamente preoccupante la situazione soprattutto per il prodotto di gamma più alta portando al blocco di alcuni contratti e al mancato rinnovo di altri. In tema di domanda interna, invece, è stata registrata una richiesta sostenuta – almeno fino alla metà di marzo – da parte della GDO che ha addirittura generato un aumento delle uscite dalle cantine. L’aumento della domanda da parte della GDO, importante ma comunque inferiore alla media complessiva, tuttavia non riuscirà a compensare le perdite accumulate, non tanto in volume, quanto a valore, essendo le produzioni medio-alte quelle che trovano maggiore collocazione nel canale Horeca.

COSA POSSONO FARE GLI ISTITUTI DI CREDITO?

Le banche possono confrontarsi con le aziende del settore agricolo e agroalimentare del territorio di competenza per dare avvio ad azioni di sostegno e finanza in questo momento di forte emergenza. 

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